Senza compromessi
La vita e gli scritti di Reinhard Karl, alpinista tedesco, si leggono godibilmente. Karl si rifà a Sir Hillary e Hermann Buhl, cioè all’Alpinismo con la A maiuscola, romantico, idealista, epico, pulito, all’Alpinismo delle grandi imprese, vivere per raccontarla.
“Avevo deciso di fare il meccanico. Perché? La tecnica, guidare lontano, fare qualcosa con le mie mani, queste erano le ragioni che mi spinsero a scegliere il più sporco e miserabile fra i diversi mestieri che un quattordicenne possa sognare”. La montagna come furto, furto di giorni, ore, al sonno, al riposo della domenica, alle sicurezze di una vita tradizionale. “L’alpinismo divenne per me qualcosa di simile ad un altro mondo, significava scoprire che esisteva qualcos’altro oltre al lavoro, il cottimo e le automobili” (p. 218).
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Il Monte Analogo
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La montagna non è né simbolo né metafora, ma pietra e silenzio, luce e vento, fatica e ricompensa. Concretezza opposta ad astrazione. Eppure la quarta di copertina sopra riportata rappresenta bene le numerose interpretazioni cui questo libro ha dato luogo, fino a divenire un vero cult (oltre che nome di siti Internet, birrerie, librerie, negozi di alpinismo). [Continua...] |
Il settimo grado

Caos calmo
L’idea è geniale. E suscita subito molte curiosità: come farà con il lavoro? non si annoierà? eccetera. Purtroppo l’autore si sottrae alla sfida che si è spontaneamente lanciato, rifuggendo in un fiorire artificiale di episodi, storie e storielle poco credibili e comunque poco interessanti. Alla fine, non succede mai niente. E, ahimé, ciò accade per quattrocento interminabili pagine.
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In vetta senza scorciatoie
In vetta senza scorciatoie, è il titolo del libro che segnalo pur non avendolo letto. L’ha scritto l’alpinista americano Ed Viesturs con l’aiuto del giornalista specializzato David Roberts. Traggo questa informazione da un articolo apparso il 15.07.2007 sul “Domenicale”, il supplemento culturale che accompagna il Sole 24 Ore ogni domenica. Viesturs appartiene alla ristretta èlite degli alpinisti che hanno scalato tutti i 14 Ottomila, per altro senza bombole d’ossigeno.
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Legato ma libero

Variazioni selvagge

Confessioni di un serial climber
La strada
Avrei scommesso sulla monotonia di questo libro e sulla sua tristezza, andando a patta.
Erri De Luca ha scritto In nome della madre (Feltrinelli, 2006) per raccontare la storia della madre – e del padre, soprattutto del padre – di Ieshu, nato a Bet Lèhem, pasta cresciuta in Miriàm senza lievito d’uomo. “Il bue ha muggito piano, l’asina ha sbatacchiato forte le orecchie. È stato un applauso di bestie il primo benvenuto al mondo di Ieshu, figlio mio”.
Nella prima notte insieme, Miriàm pensa al mondo che di fuori li aspetta, lontano dal calore animale che avvolge e protegge, ed immagina: “Che felicità sarebbe, nessun obbligo all’infuori di vivere. Finché dura la notte è così”.
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