Il gergo dei climber

Ogni attività ha il suo gergo.
L’arrampicata non fa eccezione: “a forza di stringere micro-tacche mi sono acciaiato/ghisato”, “sei salito a vista o flash?”, “oggi andavo come Bini con le Superga”, “prendi la ronchia/zanca e poi moschetta”.

Ampio e diversificato dopo una via, mentre scaliamo è invece ridotto all’osso e monotono: “corda”, “blocca”, “sosta”, “molla”, poco altro.
Sono comandi da cui dipende la nostra vita.
Sono comandi che diciamo in automatico, quasi in trance.
Sono comandi che possono confondersi, essendo tutte parole bisillabe e tutte con la stessa successione di vocali (o-a). Al confine tra assonanza e omofonia: “blocca”, “molla”, “corda”, “sosta”.

Testo alternativo

In falesia, complice spesso una certa atmosfera goliardica e rumorosa, capita che il climber urli “coordaaa” mentre l’assicuratore capisca “blooccaaa”, tirandolo giù.
In montagna è celebre l’episodio di Mark Twight & friends, in discesa dal Nanga Parbat. Stremati e in piena bufera uno urlò “mollooo”, un altro capì “mollaaa”, accadde il disastro: coerentemente con la propria dichiarazione d’intenti, il primo lasciò la corda; disciplinatamente eseguendo l’ordine ricevuto, il secondo lasciò la corda. Risultato: l’unica corda che il gruppo possedeva precipitò nel vuoto.

Ogni coppia di climber deve concordare esplicitamente il proprio gergo dei comandi: poiché la vita dell’uno è letteralmente nelle mani dell’altro, dev’essere tale da minimizzare le possibilità di fraintendimento.

IN FALESIA
1) Mai utilizzare il comando “molla”. Molla cosa?
2) Se ci serve più lasco, va benissimo gridare “dammicorda”. Proprio così, tutt’attaccato, come fosse un neologismo: “dammicorda”, anziché solo “corda”, per evitare il rischio di pericolose omofonie.
3) “Blocca” può essere utilizzato senza remore, purché la corda sia dentro un rinvio e il rinvio sia vicino al climber (altrimenti si rischia di replicare il famoso aneddoto passato alla storia come “Blocca Bajò” narrato da Jolly nel libro RUN OUT).
4) Quando il secondo vede passare dentro il gri-gri (o altro) il segno di metà corda deve dire “metà corda”.
5) Arrivati in catena con voce calma e piena si dice “blocca” e una volta bloccati “cala piano”. Il termine “piano” sollecita l’assicuratore a restare ancora attento e concentrato.
6) Ogni comunicazione dev’essere circolare: “blocca” – “sei bloccato”; “cala piano” – “ok ti calo”. In questo modo si ha la certezza che la richiesta è stata compresa bene.

Mark Twight, Barry Blanchard, Ward Robinson and Kevin Doyle, 1988, Nanga Parbat

IN MONTAGNA
1) Nei casi in cui è applicabile, vale il gergo da falesia.
2) Quando il secondo vede passare dentro il secchiello (o altro) il segno di metà corda deve urlare “metà cordaaa” mentre quando ritiene che manchino una decina di metri alla fine della corda deve urlare “dieci meeetri”.
3) Dopo avere allestito la sosta e dopo essersi assicurato, con voce profonda e persistente il primo grida “sostaaa” (in altre lingue si dice “off belay”, “stand”, “safe”). Non appena sfilate le corde dal secchiello (o altro) il secondo a sua volta grida “corde libereee”.
4) Dopo avere recuperato le corde e dopo averle posizionate nella piastrina (o altro) il primo urla “vieni pureee”.
5) “Sassooo” non c’entra con i comandi di cordata ma va urlato sempre, anche quando anziché un sasso cade un moschettone o uno smartphone.

IN CASO DI AFFOLAMENTO
È la trama di un film dell’orrore. La parete è affollata: il primo della cordata X urla “sostaaaa” e il secondo della cordata Y libera le corde, lasciando il suo partner in free-solo. Un semplice accorgimento è fare precedere i comandi dal nome del partner: “Paolo sostaaaa”, “Cesare corde libereee”.

(le vignette sono tratte rispettivamente dal blog “sconnessioni totodante” e dal blog “terminologiaetc”)

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